Due giorni prima di Natale il campo profughi di Lipa, in Bosnia Erzegovina, a pochi chilometri dai confini europei, è stato distrutto dal fuoco. Novecento persone richiedenti asilo all’Europa sono rimaste senza niente. Senza un luogo dove ripararsi, al gelo, dormono in edifici abbandonati nella foresta, con temperature notturne a venti gradi sotto zero, nel fango, nella neve, scalzi. Senza acqua, senza cibo, senza elettricità, senza servizi igienici. Possono contare su tende, coperte, e un pasto al giorno fornito dalle organizzazioni umanitarie internazionali. Dall’Italia sono stati inviati sei camion carichi di legna. Di legna per fuochi attorno cui riscaldarsi. La fornitura continuerà per tutto l’inverno grazie anche alle donazioni dei cittadini. L’ Unione Europea ha già inviato quest’anno quasi quattro milioni di euro in aiuti alla Bosnia. Ma non è una questione di soldi, né servono al momento appelli destinati a cadere nel vuoto alle autorità bosniache. Infatti all’origine della catastrofe umanitaria vi sono l’opposizione delle popolazioni e delle autorità locali incapaci di trovare sistemazioni in altri campi, e i respingimenti della polizia croata alla frontiera europea balcanica (la Croazia è stato membro dell’UE dal 2013). Novecento persone richiedenti asilo dall’Afghanistan e dal Pakistan stanno congelando nell’inverno bosniaco. Non possiamo far finta di non vedere, né tantomeno chiudere i confini. Che uomini e donne siamo diventati ? Tiriamoli fuori di lì.
159° Unità d’Italia, 12 gennaio 2021, Beretta Roberto Claudio