Va in onda questa sera la protesta dei ristoratori contro le chiusure covid decise dal governo. Stanchi dell’essere costretti a non lavorare, non abbasseranno le serrande e rimarranno aperti. “Disobbedienza civile e gentile”, sciopero al contrario, lotta per il diritto al lavoro, impossibilità a continuare con solo asporto o consegne a domicilio. I ristoratori dichiarano di non volere andare contro la legge ma bensì di voler tutelare il diritto al lavoro sancito dalla Costituzione. Sostengono che con le misure correnti i dati dell’epidemia non sono migliorati, che gli assembramenti si sono svolti in altri luoghi, che altri esercizi sono aperti, che bollette ed affitti continuano ad arrivare ogni mese, che i ristori governativi sono irrisori se non addirittura elemosine.
Comprendo le preoccupazioni. Come non dare ragione a queste categorie che chiedono fortemente di poter tornare a lavorare per vivere, pur in sicurezza, secondo i protocolli fissati dalle autorità? E nello stesso tempo non è dovere delle istituzioni garantire la salute dei cittadini, in questo caso con misure che ostacolino la circolazione del virus, il che significa inevitabilmente limitazione della circolazione e degli assembramenti delle persone onde evitare il contagio ? Si pone qui il ricorrente dilemma fra salvaguardia del diritto alla salute e dell’altrettanto sacrosanto diritto al lavoro. Se il barista non lavora i suoi clienti non si contagiano nel suo bar ma lui e la sua famiglia non mangiano, se invece lavora lui e la sua famiglia mangiano ma i suoi clienti potrebbero contagiarsi e con loro i familiari gli amici i contatti e magari alla fine pure il barista e la sua famiglia, e tutti indistintamente potrebbero ammalarsi gravemente e addirittura morire.
Il problema è complesso. Da una parte non tutte le istanze dei ristoratori sono condivisibili. A cominciare dal fatto che nessuno premette la consapevolezza che c’è un nemico comune che nessuno ha voluto ma che tutti siamo chiamati a combattere, e che le amministrazioni si stanno adoperando con ogni mezzo per difendere la salute e supportare contemporaneamente le attività economiche e gli strati sociali più colpiti. Bisogna ricordare che le risorse dello Stato non sono infinite e che i vituperati ristori sono il contributo che tutti i cittadini mettono a disposizione, e che peseranno per generazioni sul debito pubblico. Infine solo chi ha un orizzonte più ampio sulla società italiana, cioè il governo, con l’aiuto di tecnici esperti e comitati multidisciplinari, può ponderare quale sia la migliore strategia per garantire salute e lavoro a tutti gli italiani.
Detto questo, come non stare dalla parte dei ristoratori e di altre attività similari duramente colpite dalla pandemia? Non ce la fanno più a continuare così. La modalità della protesta, la disobbedienza civile, risulta senza ombra di dubbio accettabile, e non perseguibile, quando essa permanga limitata nel tempo e al solo gesto dimostrativo, il cui obbiettivo credo che sia semplicemente quello di mettere sul tavolo la questione, di richiamare con forza l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni preposte sui gravissimi disagi che la categoria sta sopportando al punto che molte attività potrebbero cessare l’attività per l’impossibilità di far fronte alle spese.
Si potrebbe riaprire tutto ? limitare la platea dei chiusi ? nessuna limitazione di orario ? Naturalmente irrinunciabili sono le misure igieniche note, distanziamento, mascherina, igienizzazione, sanificazione. Per questo i ristoratori si sono già attrezzati e hanno già dimostrato quest’estate di saperlo fare. Si possono fare lockdown preventivi ? brevi ? intermittenti ? La possibilità di conoscere in anticipo le date delle chiusure ne ridurrebbe l’impatto sull’attività economica, mentre la durata breve e la scadenza predeterminata potrebbero renderli più accettabili per la popolazione? Nessuno sa però se queste misure siano altrettanto efficaci nel ridurre la circolazione del virus. Esistono esperienze in altri paesi? ci sono dati scientifici ? si possono fare dei modelli matematici per prevederne l’impatto ?
Insomma si può ragionevolmente tentare un’altra strada per ‘ristorare lavorando’ i ristoratori italiani senza nel contempo mettere a repentaglio la salute di tutti, favorire centinaia di morti e migliaia di malati critici, mettere in ginocchio il sistema sanitario, svuotare le casse pubbliche? Le attività commerciali ridurrebbero comunque i loro introiti, ma la perdita sarebbe forse più contenuta e socialmente accettabile.
159° Unità d’Italia, 15 gennaio 2021, Beretta Roberto Claudio