E’ nato il governo Draghi. Alla fine ha vinto Mattarella, cioè gli italiani. Unità dialogo responsabilità emergenza. Le forze politiche hanno accolto l’appello del Presidente “per il bene del paese”. Su questo slogan che va molto di moda in questo frangente ci sarebbe da sottoporre molti alla macchina della verità ma soprassediamo. Siamo in emergenza e dobbiamo stare tutti uniti, diversamente da quanto si è fatto fino a quindici giorni fa quando la medesima emergenza evidentemente non c’era. Draghi è stimato, sembra aver catalizzato la fiducia dei partiti, ha una base parlamentare molto ampia, c’è entusiasmo tra le forze politiche soprattutto a destra e anche nel paese. Tutti pazzi per Draghi dunque? Si è in grande attesa di conoscere il programma di governo, poi si vedrà alla prova dei fatti. Al momento, per orientarci sugli indirizzi qualificanti l’azione del nuovo esecutivo e su alcuni “puntelli” piantati per sostenerlo, abbiamo a disposizione la squadra dei ministri. Osserviamo dove sono stati piazzati i tecnici e dove i politici e quali. I tecnici (i professoroni) occupano ministeri chiave per la gestione del Next Generation EU: istruzione, università e ricerca, innovazione tecnologica e transizione digitale, ambiente o transizione ecologica che dir si voglia, infrastrutture, MEF, giustizia. Questa è la sfera di influenza diretta di Draghi e il core business del nuovo governo. Stranamente il mezzogiorno non è incluso e anche un paio di altri ministeri chiave. Speriamo che sia una svista, e non uno sbaglio deliberato. A meno di non ammettere che avesse finito il numero massimo dei ministeri tecnici consentito dal numero di poltrone da assegnare ai partiti (*). Qui c’è un indizio tattico. Per sopravvivere Draghi ha infatti bisogno dell’appoggio dei partiti e di tenerli buoni per un bel po’ di tempo. Quindi rispolvera ed applica il manuale Cencelli e alla fine gli rimangono pochi posti tecnici che non gli garantiscono di presidiare tutti i ministeri sensibili. Dal combinato disposto si ottiene qualche sgradevole risultato e tanti dubbi, ma la coperta è quella che è. Speriamo che tali ministeri siano rinforzati da sottosegretari adeguati. Infine la conferma di alcuni ministri del governo uscente suggerisce l’apprezzamento di Draghi per il lavoro svolto e l’intenzione di continuare nel solco dell’azione intrapresa, si vede che non era tutto da buttare. Quanto deve continuare, o quanto durerà, questo governo? Tutti vogliono uscire dall’emergenza pandemica e mettere mano sui soldi europei, la destra in particolare è gasatissima per essere tornata inopinatamente al governo senza colpo ferire grazie anche al Qatar, quindi di sicuro non sentiremo più certe litanie e così si arriva comodamente al semestre bianco che inizia a luglio e finisce a gennaio 2022. Esattamente fra un anno è fissata l’apoptosi del neonato governo (tranquilli, avverrà senza spargimento di sangue, basta eleggere Draghi Presidente della Repubblica e il gioco è fatto). Poi elezioni, dove qualcuno pensa in cuor suo di andare all’incasso, sempre che le cose saranno andate bene. Questo è il piano. Però in politica le cose non vanno sempre secondo i piani. Costruire richiede più tempo che sfasciare. Un anno scarso potrebbe non bastare. Fra un anno i risultati sperati potrebbero ancora essere incerti e il famoso “bene del paese” ancora di là da venire. Va a finire che ci tocca prevedere Draghi … whenever it takes.
159° Unità d’Italia, 13 febbraio 2021, Beretta Roberto Claudio
(*) sul precoce ritorno della poltrona vedi #cittadiniditalia – “elogio della scrivania”, 20/1/2021