Perchè fare rapine e chiedere il pizzo? Ci sono metodi meno rischiosi, e soldi sicuri, milioni di euro a rischio zero. Ci sono bonifici bancari che arrivano dall’unione europea sotto forma di contributi per l’agricoltura, direttamente sui conti correnti. Nel parco dei Nebrodi, 86.000 ettari di terreno pubblico, i terreni sono affittati a piccole aziende agricole private. Se queste chiedono di accedere ai contributi … basta un’autocertificazione … nessun controllo … più aziende ci sono e più contributi si intascano. Tutto nella norma. Salvo che le proprietà dei terreni spesso non sono delle aziende agricole affittuarie, ma sono del demanio, della regione Sicilia, dei comuni. Servono atti notarili falsi per intestare le proprietà. E nel caso di veri proprietari, servono falsi contratti di affitto intestati a prestanome. E dietro i prestanome ci sono le famiglie mafiose della zona. Qui entrano in gioco le acrobazie finanziarie. I soldi arrivano su conti di banche estere e poi vengono girati su conti correnti nel territorio italiano, ma non sui conti dei mafiosi in Sicilia, su altri, distribuiti in tutta Italia. Scoprire la truffa è un’impresa ardua, e nel caso venisse scoperta non c’è neanche il tempo di avviare le indagini che il reato è prescritto.
Giuseppe Antoci è all’epoca presidente del Parco dei Nebrodi. La sua attività in difesa degli agricoltori lo porta a scoprire il vaso di Pandora. Scrive un protocollo, diventerà poi legge dello Stato, che fa saltare il meccanismo su cui si basa la truffa dei boss. Non più autocertificazioni. Per accedere ai fondi europei serve un autentico certificato antimafia rilasciato dalla prefettura. Alla quale basta fare due più due per scoprire chi realmente si muove dietro le quinte. Chi tenta di aggirare il protocollo Antoci viene puntualmente scoperto e arrestato. Ad Antoci arrivano biglietti anonimi di minacce. Serve una scorta. E’ quella che gli salverà la vita nell’attentato del maggio 2016. Il movente potrebbe essere stato proprio il suo protocollo. In seguito il presidente del parco dei Nebrodi diventa oggetto di tentativi di screditamento. Calunnie e insinuazioni che hanno lo scopo di depistare le autorità dal riconoscimento della matrice mafiosa dell’attentato, e di dare credibilità alla versione della messinscena, ipotesi purtroppo che riesce a fuorviare anche la commissione antimafia siciliana.
La vicenda della mafia dei Nebrodi, oltre ad illustrare una delle tecniche impiegate dalle organizzazioni criminali, dimostra ancora una volta quanto la mafia sia infiltrata nella società a più livelli e nel mondo del lavoro, quale importanza abbia il ruolo dei colletti bianchi, e quanto efficace sia la sua capacità di intercettare erogazioni di denaro pubblico. Occorre la massima attenzione delle autorità e, specie in questa congiuntura storica, della politica, che non deve abbassare la guardia nella concessione dei fondi europei attraverso procedure accelerate e non sottoposte al minuzioso vaglio delle autorità preposte ai controlli antimafia.
Oggi a Messina prima udienza del maxi processo alla mafia dei Nebrodi. Le solite cifre sparate dai mass media per fare audience. Domani molti avranno già dimenticato l’ennesimo processo alla mafia. “Ma quale mafia? La mafia non esiste”. (r.b.)
159° Unità d’Italia, 2 marzo 2021, Beretta Roberto Claudio
#cittadiniditalia
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Dichiarazioni dell’ex-presidente dei Nebrodi Giuseppe Antoci in occasione della prima udienza del processo.
“A poco a poco abbiamo capito l’importanza del nostro lavoro, la scelta era di cambiare strada, abbassare gli occhi e piegare la schiena o continuare con forza pensando che come dico sempre ci sono tanti modi per morire: si può morire in attentati di mafia come sono morti tanti valorosi uomini dello Stato ma si può anche morire di silenzio pensando che anche tu sei vittima e connivente di un meccanismo di silenzio che arma le mani della mafia”.
“Abbiamo colpito con un’azione senza precedenti la mafia dei terreni ricca, potente e violenta, ed è per questo che quella notte volevano fermarmi. Volevano bloccare l’idea di una legge nazionale e dunque tutto quello che sta accadendo oggi. Io sarò presente domani all’Aula Bunker e li guarderò dritti negli occhi, uno per uno, senza paura, senza indugi e con l’unica forza che ho: quella dello Stato”.
“Oggi siamo qua per guardare negli occhi coloro che hanno tenuto in ostaggio un territorio e ai nostri occhi sono uniti quelli delle brave persone che per anni hanno subito vessazioni, impoverimento, umiliazioni. Quegli occhi porteremo nell’aula bunker del carcere di Messina, e lo dedicheremo a coloro che non ci sono più che per la lotta alla mafia hanno perso la vita e vorrei dedicare anche ai valorosi uomini della mia scorta che quella notte mi hanno salvato la vita”.
“Oggi lo Stato dimostra che quando si unisce, quando le norme vengono applicate, quando nella lotta alla mafia si fanno i fatti attraverso un impegno costante, si dà la possibilità alle forze dell’ordine e alla magistratura di d’intervenire”.