La legge sull’autonomia differenziata è stata approvata al Senato. Un passaggio alla Camera, forse un secondo al Senato. Poi tutto sarà compiuto. L’Italia in quanto nazione unitaria e sovrana non esisterà più. Non consola ricordare le responsabilità della sinistra, co-autrice della sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, o il fatto che l’autonomia (conditio sine qua non per la secessione) è perseguita da una esigua porzione della popolazione, oppure la paradossale posizione dei ‘non antifascisti’ che se da un lato si riempiono la bocca di patria orgoglio italiano made in Italy (ovviamente in lingua inglese) sovranismo e compagnia bella dall’altro votano una legge che porta esattamente al contrario di quello che predicano e desiderano, cioè alla disintegrazione dell’Italia come nazione unitaria e sovrana, e forse tutto ciò ignobilmente in cambio di un’ altrettanto mortale riforma costituzionale incentrata sul premierato. Ma su cosa governerà (o meglio ‘comanderà’) questo nuovo primo ministro? Non, come vorrebbe, sulla nazione. Ma su qualche recesso amministrativo avanzato da una ventina di premierini autonomi catapultati sovrani fra le ventitre materie sottratte al suo governo e neanche su scala nazionale, ma su un’Italia Arlecchino, definizione presa da altri e perfettamente azzeccata. Avremo leggi ‘ad regiones confluentes sed variabiles’, valide in alcune regioni ma non nelle altre, a loro volta soggette a leggi possibilmente differenziate. Sovranisti che rincorrono una debole sovranità limitata e variabile rinunciando alla ben forte, quella completa ed universale? Da non credere. Come è possibile? Qualcosa non torna. Eppure succede.
162° Unità d’Italia, 24 gennaio 2024, Beretta Roberto Claudio