Ricevo da Iustina Mocanu, responsabile di Amnesty Emilia Romagna, e volentieri pubblico.
Amnesty International Italia sostiene la campagna referendaria per il quesito sulla cittadinanza, perché renderebbe l’Italia un Paese più giusto, capace di riconoscere come italiane le persone nate, cresciute e attivamente impegnate nella crescita di questo Paese con i loro studi e il loro lavoro.
Il quesito interviene su uno solo dei requisiti necessari per richiedere la cittadinanza italiana: la residenza continuativa. Propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo richiesto, rendendo così una legge vecchia di trent’anni che si basava su un concetto biologico più umana e più giusta.
Tutti gli altri requisiti restano invariati: il possesso di un casellario giudiziale pulito, un reddito di almeno tre anni, il pagamento di una tassa, la conoscenza della lingua italiana.
Questo referendum è diverso da quelli degli ultimi anni: si vota non per sé, ma per gli altri. E quando diciamo “gli altri”, parliamo di persone, di identità, di corpi che già fanno parte di un’Italia diversa da quella del 1992, anno in cui fu approvata l’attuale legge sulla cittadinanza.
In un mondo che spinge sempre più verso l’individualismo, vi chiediamo di esercitare responsabilità e coraggio, e di riconoscere che l’Italia transculturale, fatta di molteplici identità, è già realtà. Noi, come Amnesty e come cittadine e cittadini, non possiamo ignorarla.
Parliamo di persone che non possono partecipare a concorsi pubblici perché non sono cittadine italiane, medici che non possono lavorare nella sanità pubblica, bambini che non possono andare in gita scolastica perché necessitano di un visto, studenti universitari costretti a lunghe attese in questura per rinnovare il permesso di soggiorno. Parliamo di richieste di cittadinanza che ripartono da zero a causa della perdita del lavoro o per semplici multe — situazioni che possono capitare a chiunque.
[…]
Viviamo in una società che ci spinge verso l’individualismo, ma noi crediamo in diritti che siano davvero universali.
Oggi ci dicono che manifestare dissenso è pericoloso, che minaccia l’ordine pubblico. Ma noi vogliamo una legge che riconosca a tutte le persone italiane — non solo ad alcune — il diritto di voto.
Il referendum dell’8 e 9 giugno è un’occasione per riconoscere come cittadine e cittadini italiani coloro che già lo sono, ogni giorno, nei fatti.
Non dimentichiamolo: anche il diritto di voto non è stato un regalo, ma una conquista. Fino al 1946 le donne non potevano votare né essere elette. Fino al 1963 era loro precluso l’accesso a carriere pubbliche come la magistratura o le Forze Armate. Quelle conquiste sono il frutto di lotte, piazze, voci coraggiose.
Ricordiamocelo: i diritti non si regalano, si conquistano. Con la partecipazione, con la solidarietà, con il voto.
L’8 e il 9 giugno andiamo a conquistarci, tuttə insieme, un’Italia più giusta e più vera.
cittadiniditalia, 4 giugno 2025, 165°unitàditalia
