PRIMO MISTERO (DOLOROSO) – LA FUGA
Nel primo mistero fraterno-pacificatore si contempla come il Sig. Ignazio Benito Maria La Russa, alias Presidente del Senato della Repubblica, seconda carica istituzionale dello Stato d’Italia, annuncia che si recherà, il giorno della pacificazione e condanna di tutti gli ismi, in visita a Praga per commemorare la memoria di Jan Palach, giovane eroe cecoslovacco che si dette fuoco in piazza Venceslao per non rassegnarsi alla normalizzazione sovietica.
Era l’anno 1969, qualche mese prima i carri armati invadevano la Cecoslovacchia, e prima ancora la gente sfilava per strada al grido “Dubcek – Svobodà”, così mi pare di ricordare. La vicenda di Palach aveva terremotato gli infantili spazi protettivi di un ignaro studente ginnasiale che si affacciava appena sulla porta della vita, colpito dal gesto estremo, incredibile, immaginando una morte fra sofferenze atroci. Comprese presto quel giovane il motivo del sacrificio e si identificò nelle idee di Palach. Non sul piano politico, questo era affare suo e dei suoi connazionali, ma sul piano personale ed etico. Comprese il diritto dei popoli all’autodeterminazione ed alla libertà, nacque in lui l’avversione per ogni forma di sopraffazione, di prepotenza, di violenza, di appropriazione. Gli ismi erano l’inevitabile conseguenza. Nacque l’amore incondizionato per l’eguaglianza, la giustizia, il rispetto della diversità.
Celebrare Palach come eroe antisovietico appare naturale in Cecoslovacchia, tuttavia si fa un po’ fatica a farlo qua in Italia che, come si sa, non ha mai fatto parte dell’Unione Sovietica (almeno fino a prova contraria). Ma c’è invece chi ci riesce bene. Fai al mattino una ammucchiata istituzionale al Vittoriano, luogo che con la Liberazione c’entra come i cavoli a merenda, prendi l’aereo per Praga, fai qualche foto da inviare alla stampa davanti al monumento di Palach, ci sarà pure da qualche parte, esterna un paio di dichiarazioni dove compaiono le parole vittima martire comunismo totalitarismo unione sovietica. Di Palach a dire il vero non frega niente a nessuno, è solo strumento di trasmissione della nuova narrazione. Segue nel pomeriggio gita a campo di concentramento nazista con relativa condanna degli orrori ivi perpetrati. Un colpo al cerchio ed uno alla botte. Contro ogni totalitarismo, sovietico o nazista che sia.
Si ottiene il seguente effetto collaterale (o principale): dal percorso della gita rimangono esclusi i luoghi e la memoria del 25 Aprile. Niente male, a pensarci bene forse è quello che il Sig. Ignazio Benito Maria La Russa, alias Presidente del Senato della Repubblica Italiana (non Cecoslovacca) nel suo cuore si proponeva: far dimenticare la Liberazione e l’ismo nostrano parlando d’altro. Il 25 aprile poteva farsi un giro che so, alle Fosse Ardeatine, al luogo dove è sepolto Matteotti, alla sinagoga di Roma, in qualche sede dell’ANPI, si poteva far guidare in un Parco della Resistenza, sui monti di Marzabotto, nelle Alpi Apuane fino a Sant’Angelo di Stazzema, o inventarsi qualcosa come Mattarella in quel di Cuneo, per esempio andando a Modena in Piazza Grande, o se proprio la memoria gli fosse così corta, o non coltivata, stupire tutti con gita in treno alla stazione di Bologna, o in pellegrinaggio con Landini alla sede CGIL di Roma, luogo di un assai recente attacco di matrice a suffisso in ista (aggettivo di genere femminile derivato dall’ismo italiano).
Ha scelto scaltramente la fuga in Cecoslovacchia. Fuga dalla storia, dalla realtà, dal dovere, dalla Costituzione.
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162° Unità d’Italia, 23 Aprile 2023, Beretta Roberto Claudio
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