Pax perpetua

La massima “si vis pacem para bellum”, propalata come slogan dagli ultras del riarmo, per far digerire all’opinione pubblica che deve tirar fuori tanti bei quattrini se vuol vivere in sicurezza, non ha avuto storicamente un gran successo. Sia nell’interpretazione soft del catenaccio ”se siamo armati siamo in grado di difenderci”, sia in quella strong della deterrenza “se siamo armati non ci attaccano”. In entrambe le versioni, a furia di preparare guerre con la volontà di implementare la pace, le guerre sono poi effettivamente scoppiate, e le paci che si sono succedute alla guerra, sono state sempre transitorie, intervalli temporali di assenza di guerra, fra due guerre consecutive. Non si vuole però dire con questo che non c’è bisogno di una difesa. Ciò che invece intendiamo sostenere è che vogliamo conseguire uno stato di pace permanente o, per dirla con Kant, “una pace perpetua”. Per ottenerla occorre invertire il paradigma. Mettere al centro la pace, non la guerra. “Si vis pacem para pacem” è un buon inizio, idea nobile, un po’ iperuranica. Ridare slancio alla costruzione di un’Europa come Federazione di Stati è certamente più pragmatico, poichè indica una via di uscita a moltitudini disorientate e senza guida. “Si vis pacem para Europam” è il nuovo conio. Anche se ad oggi la missione appare assai ardua e del tutto impossibile, nella vita una visione del futuro è essenziale per darle un senso.

cittadiniditalia, 26 giugno 2025, 165°unitàditalia

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