Anticorpi monoclonali

aventi come target la proteina spike di SARS-CoV-2

impiegati in terapia del COVID-19,

cosa c’è da sapere

La commissione tecnico scientifica (CTS) dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), in seguito alla richiesta del Ministro della Salute di valutare la possibilità di autorizzare la terapia con anticorpi monoclonali per i pazienti affetti da COVID-19, ha preso in esame le evidenze scientifiche disponibili sugli anticorpi monoclonali attualmente più progrediti nello sviluppo clinico.

Secondo la commissione, i dati presenti mostrano che gli anticorpi monoclonali non apportano benefici ai pazienti con malattia in fase avanzata, e quindi ospedalizzati, mentre se impiegati precocemente (primi 10 giorni dall’insorgenza dei sintomi) nei casi lieve-moderato, documentano evidenze preliminari di riduzione delle visite e degli accessi in Pronto Soccorso e del numero delle ospedalizzazioni. Tuttavia le prove di efficacia sono ancora preliminari, e di conseguenza vi è incertezza rispetto all’entità del beneficio.

Nonostante ciò la CTS ha ritenuto opportuno, in via straordinaria e in considerazione della situazione di emergenza, “offrire comunque un’opzione terapeutica ai pazienti non ospedalizzati che, pur avendo una malattia lieve/moderata risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di COVID-19 con conseguente aumento delle probabilità di ospedalizzazione e/o morte”. A titolo esemplificativo sono dunque candidabili alla terapia con anticorpi monoclonali i pazienti con COVID-19 e sintomi lievi-moderati, che risultano affetti da malattie respiratorie croniche, cardiopatici, soggetti con diabete non controllato, immunodepressi, obesi. La terapia, che avviene mediante infusione endovenosa, deve essere effettuata in ambienti che consentano un’appropriata gestione (per esempio in Day Hospital).

Infine la commissione ribadisce che è fondamentale proseguire gli studi in corso ed acquisire nuove evidenze scientifiche sul valore clinico degli anticorpi, dal momento che tali farmaci non possono essere attualmente considerati uno standard di cura.

        159° Unità d’Italia, 8 febbraio 2021, Beretta Roberto Claudio        

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