Quando la libertà è messa a contratto

Nel 2018-19, quando aveva 38 anni, Lara Lugli giocava con il Volley Pordenone. All’inizio di marzo comunicò alla società di essere incinta, e il suo contratto fu interrotto. A distanza di due anni ha ricevuto una citazione per danni, «per non aver onorato il contratto». La vicenda è stata spiegata dalla stessa Lugli con un lungo post su Facebook l’8 marzo.

Ci tengo a specificare la data della pubblicazione delle parole della pallavolista carpigiana, che è la stessa della Giornata internazionale dei diritti della donna, i quali hanno una storia lunga e complessa, che parte dalla biblica costola d’Adamo. In particolare, nel corso del XIX secolo la lotta femminile ha avuto luogo in gran parte nelle fabbriche, dove le donne cominciarono a svestire i panni di “angelo del focolare”, che erano stati fatti indossare loro da una società che le ha sempre viste come “uomini mancati”.

Andando avanti negli anni si chiese sempre più a voce alta una maggiore tutela dei diritti del lavoro femminile proprio in virtù del manicheismo professionale tra pubblico e privato, lavoro in fabbrica e lavoro a casa, cui da sempre erano condannate. Questa lotta è passata necessariamente dalla condizione di gravidanza in cui una donna può trovarsi nel corso della sua esistenza, chiedendo che questa fosse tutelata  in ambito lavorativo (tra l’altro, negli ultimi anni finalmente si è arrivati a inserire anche i padri come attori di questa tutela, cominciando a parlare di congedo di paternità).

Fin qui ho tentennato molto nella scelta dei tempi verbali da utilizzare: io, infatti, avrei tanto voluto che l’8 marzo 2021, per la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, si fosse potuto ricordare tutto ciò di cui sopra come di un risultato di una lotta di cui poter godere e invece arriva come una doccia freddissima il post di Lara Lugli, a ricordarci di quanto ci sia ancora da fare e che per questo dobbiamo ancora utilizzare il tempo presente quando parliamo di rivendicazione di certi diritti.

In questa settimana che ci separa dal giorno delle parole della Lugli ho letto molti commenti che rivendicavano il diritto della società a fare quello che ha fatto in virtù di ragioni economiche, anche per gli sponsor. Viviamo in una società in cui prima di pensare di rimanere incinta devi pensare se va bene al tuo sponsor: siamo sicur* che questo sia progresso?

159° Unità d’Italia, Filippo Muraro, 16 marzo 2021

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*