Una proposta di riforma istituzionale per l’Europa

L’Unione Europea si è sviluppata sull’idea della creazione di rapporti di cooperazione fra gli stati membri. Questo approccio ha funzionato bene nel campo tecnico-amministrativo. Mercato comune, qualità e sicurezza degli alimenti, sicurezza sul lavoro, tutela della salute, unione monetaria e banca centrale, libera circolazione dei cittadini europei, sono alcuni esempi dei successi ottenuti attraverso la cooperazione. In questi campi l’Unione ha potuto contare sulla presenza territoriale degli apparati statali dei singoli membri cooperanti, senza dover intervenire direttamente. La sovranità degli stati è stata minimamente intaccata in questi settori ed essi hanno accettato con discreto entusiasmo “l’interferenza costruttiva” della legislazione europea come esercizio di gestione cooperativa di problematiche comuni, in cambio di vantaggi e benefici individuali. Per favorire questi processi le decisioni all’unanimità nel Consiglio Europeo, composto dai rappresentanti dei governi degli stati membri, sono via via diminuite, lasciando spazio a decisioni a maggioranza qualificata.

La costruzione di una Federazione di Stati Europei, ammesso che in questo momento storico ve ne sia ancora l’effettiva aspirazione da parte degli stati e dei popoli europei, richiede un modello istituzionale assai differente da quello pensato inizialmente per la cooperazione fra stati, per cui era necessaria e sufficiente, come si è visto, una minima cessione di sovranità dei cooperanti. L’unione politica ha bisogno invece della cessione di sovranità da parte degli stati membri su materie che costituiscono il core, il nucleo dell’essenza stessa di uno stato sovrano. E queste competenze sono precisamente la raccolta delle tasse e la destinazione delle spese, la sicurezza della nazione, le alleanze con gli altri stati. Fiscalità, difesa, politica estera.

Per evitare cessioni di sovranità in questi campi gli stati europei si sono ben tutelati con lo strumento del voto all’unanimità (diritto di veto) nel Consiglio Europeo, organo di rappresentanza dei governi (costituito dai 27 capi di Stato o di governo, con compito di definire le priorità e gli orientamenti politici generali dell’Unione); un secondo organo di controllo degli stati sul funzionamento delle istituzioni europee è il Consiglio dell’Unione europea (detto in breve “Consiglio”, organo legislativo e di bilancio, formato dai ministri dei governi nazionali). Questi due organismi intergovernativi si pongono su un piano superiore al Parlamento europeo, organo di rappresentanza dei cittadini, eletto mediante elezioni politiche ogni cinque anni. Il Parlamento europeo, sulle tre materie cardine suddette, ha un ruolo irrilevante, non decisionale. Con questa impalcatura istituzionale dunque, rinforzata dal diritto di veto, i governi degli stati membri sono diventati il principale ostacolo alla nascita di un’Europa politica federata.

L’eliminazione dell’unanimità non può essere tuttavia sufficiente, al contrario di quanto comunemente si crede, a risolvere l’empasse in cui affonda l’Europa, e che le impedisce di funzionare sul piano politico sullo scenario interno ed internazionale. Prendendo come esempio la fiscalità, “l’ammontare del bilancio dell’Unione e la natura ed entità delle risorse che lo finanziano sono decisi dal Consiglio all’unanimità e tale decisione deve poi essere ratificata da tutti gli Stati membri” (*), secondo le loro rispettive norme costituzionali. Non esiste un organo europeo in grado di superare la decisione dei singoli stati su dette materie fondamentali per uno stato sovrano. E’ perciò con questa impostazione l’Europa prigioniera, incapace di autodeterminazione, priva di sovranità, entità non statuale, impotente, politicamente inutile.

Si impone inevitabilmente un cambiamento strutturale dell’organizzazione istituzionale europea, che getti le fondamenta della effettiva costituzione di una Federazione di Stati Europei. La nuova struttura istituzionale deve prevedere un organo dotato di potere decisionale sovranazionale, che decida a maggioranza, eletto legittimato controllato democraticamente dal voto del parlamento europeo, messo in grado di agire indipendentemente dai governi e dai parlamenti e dalle costituzioni degli stati membri, sulle materie della difesa comune (esercito europeo), politica estera, fiscalità. Queste competenze saranno sottratte agli stati membri e attribuite esclusivamente al nuovo organismo di governo europeo, che dovrà operare in sintonia e sotto controllo del Parlamento Europeo, responsabile ultimo nei confronti dei cittadini europei e da essi a sua volta controllato mediante libere elezioni quinquennali. Il potere passerebbe così dalle mani dei governi a quelle dei cittadini europei.

Da ultimo, per evitare di cestinare queste considerazioni come irrealistiche, tenuto conto che la ragione sociale dell’Europa è il mantenimento e la promozione della pace fra i popoli, si consideri che la Costituzione Italiana ha abbondantemente precorso i tempi, almeno per quanto riguarda la politica estera e la difesa, in quanto “L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” (art. 11)

cittadiniditalia, 23 giugno 2025, 165°unitàditalia

(*) https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/i-documenti/2518-abolire-il-diritto-di-veto-la-riforma-del-sistema-di-voto-nel-consiglio-e-nel-consiglio-europeo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*